Riflessioni su percorsi di apprendimento di successo
Formarsi, riflettere e confrontarsi sono i motori che azionano ogni iniziativa volta all’individuazione delle buone prassi nel lavoro con i ragazzi frequentanti la formazione professionale; è con questa consapevolezza che AECA, con la partecipazione degli enti di formazione associati in Rete Temporanea di Impresa accreditati IeFP, ha organizzato, un percorso di ricerca azione chiamato “Le prassi belle e buone”, che ha avuto il suo evento finale nel seminario convegno del 18/04/2016, presso la sede dell’Opificio Golinelli.
Riflessioni su percorsi di apprendimento di successo
Formarsi, riflettere e confrontarsi sono i motori che azionano ogni iniziativa volta all’individuazione delle buone prassi nel lavoro con i ragazzi frequentanti la formazione professionale; è con questa consapevolezza che AECA, con la partecipazione degli enti di formazione associati in Rete Temporanea di Impresa accreditati IeFP, ha organizzato, un percorso di ricerca azione chiamato “Le prassi belle e buone”, che ha avuto il suo evento finale nel seminario convegno del 18/04/2016, presso la sede dell’Opificio Golinelli.
Il seminario si apre con un’interessante dimostrazione da parte di un gruppo di studenti dell’ENFAP di Forlì sul potenziamento delle competenze matematiche attraverso la didattica musicale. Oltre all’emozione di poter assistere alla presentazione del parallelismo tra spartitura, matematica e geometria piana, interamente ed egregiamente, gestita dagli allievi, i presenti hanno potuto godere di un breve concerto percussivo a dimostrazione di quanto spiegato.
In un secondo momento Annamaria Arrighi, rappresentante dell’assessorato alla formazione della Regione Emilia Romagna, ha posto l’accento sull’importanza di domandarsi “dove, come, quando e perché” davanti alle progettualità educative e didattiche, di modo che si possa ragionare in termini qualitativi piuttosto che quantitativi. Per fare ciò la Dott.ssa Arrighi ha ricordato l’indispensabile logica di rete e posto l’accento sulla legge 5 relativa alla lotta alla dispersione scolastica ed sulla legge 8 relativa all’inclusione scolastica.
Da questo fertile terreno di riflessione, ha preso luogo l’intervento del Prof. Franco Floris, direttore di “Animazione Sociale”. Il professor Floris ha volutamente messo l’accento sul concetto di “misura”: è necessario riuscire a muoversi plasticamente nel mondo della scuola di oggi, senza perdere la concentrazione sulle richieste educative di questa generazione di giovani. I giovani, secondo Floris, palesano un bisogno di “tornare alla manualità”, trattasi però di una manualità che implica il ragionamento. Quanto detto andrebbe ragionata all’interno una progettualità che vede il trasferimento delle conoscenze, passare attraverso i fondamenti della fiducia e dell’ordine.
All’intervento del Prof. Floris è seguito quello dei Formatori/ricercatori/docenti Michele Marmo e Marco Martinetti. In breve essi hanno ripercorso le tappe del processo di ricerca-azione sulla pratiche belle e buone: costituzione di un gruppo di lavoro, individuazione di indicatori di buona pratica (risultati/impatti, potenzialità verso l’innovazione, sostenibilità e riproducibilità), intercettazione di buone pratiche su tutto il territorio, raccolta di documentazione e soprattutto interviste dirette ai protagonisti delle pratiche selezionate, sia ragazzi che formatori, tutor, coordinatori o progettisti dei centri di formazione. Volendo arrivare ad una valutazione qualitativa l’approccio è stato fortemente narrativo, dove la narrazione di tutti si articolava tra gli spazi di una “strana” cartina geografica, che permetteva di recuperare il processo di sviluppo della pratica nelle sue dimensioni professionalizzanti, ma anche emotive, affettive, educative.
A questo primo intervento di Marmo e Martinetti, è seguito quello di Silvia Biglietti, legale rappresentante di CIOFS-FP/ER. La sua riflessione è partita dalla domanda che ha dato inizio alle progettualità sulle “buone prassi”: siamo in possesso di tanti elementi quantitativi che raccontano il nostro sistema IeFP in Emilia Romagna; è possibile raccogliere elementi per una valutazione qualitativa del sistema stesso? Ogni nostro ente lavora in Emilia Romagna, secondo il mandato della Regione stessa, che vede il sistema IeFp come misura eccellente di lotta alla dispersione scolastica. Diventa dunque immediato e doveroso rifarsi ai 5 obiettivi strategici che l’Unione Europea si è data per il 2020; uno di questi intende ridurre sotto il 10% la dispersione scolastica. Ma cosa si fa in Europa per lottare contro questo fenomeno? Viene così presentato il progetto UE Jump@school, che con un processo molto simile al percorso prima descritto, ha cercato una risposta a quella domanda. Il progetto ha raccolto, all’interno di un partenariato di 6 nazioni (Spagna, Italia, Turchia, Austria, Germania, Polonia) 38 buone prassi di lotta alla dispersione, di cui 14 sono state prese in considerazione per approfondimenti. L’analisi delle prassi ha fatto emergere alcuni elementi di metodo con i quali è stato costruito un modello di intervento, ora in sperimentazione in tre nazioni, che lavorando nella scuola, si basa su una figura di facilitatore-tutor (il Jumpoperator!) che crea spazi dedicati, accompagna gruppi di giovani a rischio di dispersione, stabilendo relazioni significative sia personali che di gruppo per percorsi di risignificazione. È importante confrontare gli elementi di metodo qui emersi con il lavoro fatto nella nostra Regione, avviare così una metariflessione che porti ad individuare modelli efficaci per percorsi di apprendimento significativi (perché recepiti e vissuti dai giovani come motivanti, interessanti, responsabilizzanti). Sarà l’obiettivo dei laboratori tematici del pomeriggio.
A questo punto, attraverso il reingresso del Dott. Michele Marmo per il terzo intervento, si è posta l’attenzione sugli elementi di metodo emersi nel percorso della nostra Regione. Gli adolescenti, oggi, necessitano di una forte dimensione di gruppo, la comunità per loro è fondamentale ma vivibile solo se in qualche modo traghettati in essa da relazioni educative importanti, vissute con adulti che non temono la gestione dei limiti degli allievi, la vicinanza con il mondo giovanile e favoriscono la personalizzazione, ma anche produzione e decisione da parte degli allievi, arrivando alla presentazione pubblica dei prodotti realizzati, frutto di interdisciplinarità, di focus sulle competenze e sugli esperti da coinvolgere, in stretta connessione con il mondo del lavoro e con altri enti. Elementi che disegnano un modello educativo formativo originale, riproducibile perché consapevole nell’intenzionalità della comunità educante e da lei progettato con cura. È imprescindibile che tutor e formatori impegnati nelle IFP, si confrontino sulla realtà e la necessità di accompagnare i ragazzi nell’autovalutazione, introducendo anche elementi di straordinarietà nel quotidiano. Tutto ciò, spiega Marmo, è attuabile dando, sia il giusto risalto alle modalità partecipative degli allievi, che favorendo l’integrazione decisionale tra di loro. “Occorre fornire ai ragazzi una sorta di equilibrio tra il fare ed il pensare”. La figura del tutor, viene definita come figura dedicata a questo compito; si tratta, di un professionista impegnato a garantire le attenzioni e la permanenza della persona-ragazzo nel percorso formativo e che si impegni ad accompagnarlo nei processi di pensiero. Precisa, inoltre, che i giovani ragionano in modo interdisciplinare e questo obbliga chi sceglie di lavorare con e per loro, di prendere in considerazione l’importanza di affrontare i saperi in modo, per l’appunto, interdisciplinare. In questo compito, precisa Marmo, occorre avere la ferma volontà di personalizzare e contestualizzare la progettualità in base ai limiti degli allievi.
Dopo lo squisito buffet, allestito dall’impresa formativa del CEFAL di Bologna che ha visto studenti e docenti adoperarsi al servizio di ristorazione, i partecipanti si sono divisi in gruppi di lavoro, volti all’interscambio progettuale.
Motivati dal poter rinnovare il proprio impegno verso l’attuazione di buone prassi, ci si è congedati, indiscutibilmente rinnovati nella consapevolezza del proprio compito.
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